A distanza di anni dall’inizio della pandemia, molte persone che sono state infettate dal Sars-CoV-2 continuano a fare i conti con i sintomi del Long Covid, una sindrome clinica che si manifesta con la persistenza di problemi fisici anche dopo la guarigione dall’infezione iniziale. Tra i disturbi più comuni ci sono dispnea, dolore toracico e astenia, che compromettono significativamente la qualità della vita.
Recentemente, un importante studio condotto da scienziati italiani ha fatto luce sulla causa dei danni polmonari nel Long Covid, scoprendo un legame diretto con l’infiammazione di basso grado e l’attivazione delle piastrine. I ricercatori, appartenenti al Centro Cardiologico Monzino e all’Università Statale di Milano, hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Journal of American College of Cardiology Basic to Translational Science. Questi dati forniscono nuove prospettive per trattamenti mirati, aprendo la strada a possibili terapie future.
Lo studio ha rivelato che, nei pazienti affetti da Long Covid, l’infiammazione cronica di basso grado gioca un ruolo cruciale. Livelli leggermente elevati di proteina C reattiva e interleuchina 6, che sono indicatori di infiammazione, sembrano innescare l’attivazione delle piastrine. Queste ultime, legandosi ai leucociti (le cellule del sistema immunitario), formano etero-aggregati nel sangue, che possono essere dannosi per la salute polmonare.
Quando questi etero-aggregati entrano nel microcircolo polmonare, causano un danno vascolare e alveolare. Il risultato di questo processo è la deposizione di tessuto fibrotico, una condizione che compromette la funzionalità polmonare e che è responsabile dei principali sintomi riferiti dai pazienti con Long Covid. Il danno ai polmoni contribuisce a problemi respiratori persistenti, come difficoltà a respirare e dolore al petto.
La scoperta del ruolo centrale delle piastrine e dell’infiammazione nel Long Covid apre la possibilità di nuove strategie terapeutiche. Se il danno polmonare è correlato a un’infiammazione persistente, trattamenti che riducano l’infiammazione o che interferiscano con l’attivazione delle piastrine potrebbero migliorare significativamente la condizione dei pazienti. Tuttavia, gli esperti avvertono che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il meccanismo e definire le terapie più efficaci.
Marina Camera, responsabile dell’unità di ricerca di biologia cellulare e molecolare cardiovascolare del Monzino e professore ordinario di farmacologia all’Università Statale di Milano, ha dichiarato: “I nostri studi hanno identificato un ruolo centrale dell’infiammazione cronica di basso grado e delle piastrine, un aspetto che nessuno aveva ancora considerato. La sinergia tra questi fattori potrebbe spiegare la disfunzione polmonare nei pazienti con Long Covid.”
Nonostante l’emergenza pandemica da Covid-19 sia terminata, le sue conseguenze continuano a farsi sentire nella popolazione, con effetti a lungo termine che non vanno sottovalutati. Il Long Covid, con i suoi sintomi debilitanti, rappresenta una sfida per la salute pubblica e un nuovo ambito di studio per i ricercatori.