Chiara Ferragni non è solo una fashion blogger: è un’icona del marketing digitale. Da “The Blonde Salad” a CEO di più aziende, è riuscita a trasformare la sua immagine in un impero. Ma nel 2023, per la prima volta, la narrazione si è incrinata. Al centro dello scandalo, un pandoro rosa, prodotto in collaborazione con Balocco per una campagna di beneficenza a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino. O, almeno, così sembrava.

Secondo l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, la comunicazione della campagna avrebbe fatto intendere che l’acquisto del pandoro avrebbe contribuito direttamente alla beneficenza. In realtà, la donazione era già stata fatta da Balocco, indipendentemente dalle vendite. Un dettaglio fondamentale che ha spinto l’AGCM a multare Chiara per 1 milione di euro per “pratiche commerciali scorrette”.

La notizia ha fatto il giro dei media italiani e internazionali. Per giorni, l’influencer è rimasta in silenzio, sparendo dai social. Un gesto inusuale per lei, che aveva sempre fatto del contatto diretto con il suo pubblico uno dei suoi punti di forza. Quando è tornata, ha pubblicato un video di scuse che ha diviso l’opinione pubblica: per alcuni, sincero; per altri, tardivo e studiato.

Il caso Balocco ha aperto un dibattito molto più ampio: quanto è trasparente il mondo dell’influencer marketing? È etico associare prodotti commerciali alla beneficenza? E, soprattutto, qual è il limite tra immagine e responsabilità?
Chiara, pur non essendo “cancellata”, ha visto intaccarsi l’aura quasi intoccabile che la circondava. Diversi brand hanno congelato le collaborazioni. Il pubblico, una volta devoto, si è mostrato più critico.

Questo episodio resterà nella storia della comunicazione digitale italiana. E forse rappresenta anche un momento di svolta, in cui gli influencer, come veri e propri media, saranno sempre più chiamati a rendere conto delle loro scelte.

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