Questi oggetti, apparentemente diversi tra loro, condividono una storia comune legata all’igiene personale. Prima dell’avvento della carta igienica, l’umanità si è affidata a una serie di materiali e tecniche per pulirsi dopo le proprie faccende più intime.

Nell’antica Grecia, ad esempio, le foglie di porro erano preferite dalla classe alta, mentre il resto della popolazione si accontentava di pietre levigate o dei propri indumenti. Gli antichi romani, in particolare i nobili, potevano usufruire di oggetti più morbidi come tovaglioli di stoffa o di lana. Inoltre, utilizzavano un utensile chiamato tersorium, simile a uno scopino per wc, composto da una spugna marina infilata su di un bastone, spesso condiviso nei bagni pubblici.

Durante il Medioevo, la situazione si riduceva a utilizzare ciò che si trovava nella natura, come foglie di alberi o fieno. Solo intorno al XVI secolo, i più ricchi potevano permettersi il lusso di utilizzare pezze di tessuto di lino, canapa o addirittura velluto. Nel XVII secolo, i francesi introdussero il bidè, ma in Italia, grazie alla regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, si diffuse maggiormente, diventando uno dei sanitari più amati dagli italiani.

La carta igienica, come la conosciamo oggi, ha fatto la sua comparsa nel XIX secolo grazie all’americano Joseph Gayetty, che propose la “carta terapeutica” impregnata di Aloe. Tuttavia, la forma di rotolo con fogli staccabili fu ideata dai fratelli Clarence e Irvin Scott nel 1890.

Da allora, la carta igienica ha subito numerosi sviluppi, con variazioni nei numeri di veli, colori e profumi, diventando un elemento essenziale per l’igiene personale. La sua evoluzione rappresenta un grande passo avanti nella storia dell’igiene umana, offrendo comfort e praticità a milioni di persone in tutto il mondo. Evviva la carta igienica!

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